Acqua, energia, second hand: i ragazzi scoprono la sostenibilità 

Lo stile di vita sostenibile sta facendo proseliti fra i ragazzi della Generazione Z. Tutti i comportamenti tesi alla tutela dell’ambiente stanno guadagnando terreno tra le nuove generazioni. In occasione dell’Earth Day 2024, Skuola.net riepiloga i risultati più interessanti emersi dalle sue recenti indagini. Si scopre così che la Generazione Z non si limita a manifestare per la tutela dell’ambiente, ma si impegna anche con attenzioni quotidiane, grandi e piccole.

Circa il 90% è attento a non sprecare acqua o risorse energetiche, mentre oltre l’80% cerca di limitare l’uso di plastica e di ridurre le emissioni nocive nell’atmosfera. Inoltre, molti si rivolgono al mercato dell’usato per evitare di sostenere produzioni inquinanti.

Acqua ed energia: no agli sprechi

Partiamo da una delle questioni più urgenti: la scarsità di risorse idriche. La risposta dei giovani è chiara: circa la metà si impegna al massimo per consumare meno acqua possibile durante la doccia, la spazzolatura dei denti, e così via. Un altro 38% ci presta spesso attenzione. Solo il 13% lascia scorrere l’acqua senza pensarci due volte.

Anche per quanto riguarda l’energia elettrica proveniente da fonti non rinnovabili, quasi due terzi dei giovani sono attenti a non lasciare luci accese quando non servono, mentre il 26% fa del suo meglio per adottare questa abitudine. Solo il 10% non si cura affatto di questo aspetto.

Plastic free: 1 su 3 ha eliminato gli oggetti in plastica

La lotta all’inquinamento passa anche attraverso la riduzione dell’uso di plastica, uno dei materiali più dannosi per l’ambiente marino e non solo. Circa un terzo dei giovani afferma di aver eliminato, per quanto possibile, la plastica dalla propria vita, rinunciando ai suoi derivati come bottiglie, piatti, bicchieri e posate. Il 50% ci sta provando, ma ammette che è difficile, mentre il 10% vorrebbe farlo ma fatica. Solo il 9% continua a utilizzare la plastica come se non ci fosse un domani.

Il 54% riduce l’uso di riscaldamento e aria condizionata 

Analogamente, la Generazione Z preferisce ridurre l’uso di riscaldamento e aria condizionata per evitare di danneggiare ulteriormente il pianeta. Il 54% gestisce in modo oculato caloriferi e climatizzatori, consapevole del loro impatto sul cambiamento climatico, utilizzandoli solo quando è davvero indispensabile. Il 31% lo fa occasionalmente, mentre solo il 15% antepone il proprio comfort al benessere collettivo.

“Second hand”: la scelta del 40% dei giovani 

Infine, ci sono piccoli gesti che possono fare la differenza, come l’acquisto di abiti e accessori usati, che contribuisce a limitare le produzioni industriali spesso inquinanti. Perciò, quando devono aggiornare il loro guardaroba, il 40% dei giovani si reca prima nei mercatini, sia fisici che online, alla ricerca di opportunità. Il 15% lo fa sempre, mentre il 24% lo fa spesso.

Il 90% approva l’uso di dispositivi tech ricondizionati

Lo stesso vale per la tecnologia: la riparazione e il riutilizzo dei dispositivi dismessi da altri, come gli smartphone, stanno diventando sempre più popolari. Quasi il 90% della Generazione Z approva questa pratica: il 28% la considera un’opzione standard quando si tratta di sostituire il telefono, il 18% l’ha già fatto almeno una volta, mentre il 43% non l’ha ancora fatto ma non esclude di farlo in futuro.

About Health: nuove tecnologie e benessere psicofisico le nuove consapevolezze degli italiani

Nomisma ha realizzato una ricerca sui driver che guidano le nuove abitudini e le scelte degli italiani in ambito healthcare. I risultati completi dello studio verranno presentati in occasione dell’evento About Health, dedicato a trend, normative e strategie di web marketing nel settore salute, che si terrà a Bologna il prossimo 23 maggio.

Rispetto a 5 anni fa, il 37% degli italiani dichiara di essere maggiormente interessato al proprio benessere fisico, mentre oltre un terzo è più attento al benessere psicologico, con un picco del 40% nella fascia di età tra 18 e 29 anni (fonte: Osservatorio Sanità UniSalute).
Nonostante l’aumento del costo della vita, le famiglie italiane sembrano decise di non rinunciare alle spese sanitarie, limitando invece quelle per beni e servizi ritenuti non essenziali.

Preferite le strutture private a discapito di quelle pubbliche

La crisi sanitaria connessa alla diffusione della pandemia Covid-19 ha indubbiamente influenzato l’approccio degli italiani al tema salute e al tema del ricorso a cure e visite mediche. Al tempo stesso, ha condizionato anche l’operato delle strutture sanitarie italiane.

Ma a chi si rivolgono gli italiani per i controlli e le cure?
Dopo la pandemia, circa 13 milioni di persone hanno preferito prestazioni in libera professione, erogate da strutture private. 
Tra i criteri che guidano questa scelta, oltre a tempi di attesa inferiori (72%), anche maggiore disponibilità di date e orari per visite o esami (43%) e maggiore semplicità nel prenotare la visita o l’esame (28%).

Le tecnologie al servizio della sanità

Un altro criterio riguarda la disponibilità di tecnologie avanzate (fonte: Osservatorio Sanità UniSalute).
A questo riguardo, il tema della trasformazione digitale del settore healthcare gioca un ruolo rilevante, tanto che la gran parte delle aziende sanitarie in Italia stanno dedicando ingenti risorse su questo fronte. Nel 2022 gli investimenti sono stati 1,8 miliardi di euro, soprattutto per cybersecurity, cartella clinica elettronica e telemedicina.

Del resto, 1 adulto su 3 utilizza strumenti digitali nell’ambito del benessere e della salute, considerando l’opportunità, in particolare, in termini di semplificazione all’accesso e all’utilizzo dei servizi (47%), maggiore possibilità di scelta (38%) e maggiore continuità nella cura (32%).

La digitalizzazione riguarda soprattutto la fase di ricerca di un servizio

Nel complesso, il processo di digitalizzazione in ambito salute rappresenta una modalità integrativa della fruizione del servizio. Il contatto diretto con medici e professionisti sanitari non è messo in discussione, rappresentando sempre la modalità di interazione cruciale con il paziente.
Piuttosto, la digitalizzazione riguarda soprattutto la fase di ricerca di un servizio adeguato alle proprie esigenze.

Nelle fasi preliminari di individuazione della struttura a cui rivolgersi gli italiani si affidano infatti principalmente a internet, ritenuto più efficace per gli utenti del Nord Italia, mentre al Sud e nelle Isole il principale strumento è il passaparola e nelle regioni del Centro trova maggiore riscontro l’azione di promozione intrapresa dalle strutture sanitarie, realizzata tramite spazi fissi dedicati.

Lavoro e Pubblica amministrazione: fino al 2028 sono previste 148 mila assunzioni all’anno

Lo ha rivelato Unioncamere, l’unione italiana delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura: da oggi fino al 2028 ogni anno il ricambio di personale all’interno della Pubblica amministrazione italiana sarà pari, in media, a 148 mila profili professionali. 

Nove su 10 di questi profili riguarderanno una sostituzione per turnover. E la maggior parte, ovvero quasi 310 mila assunti in 5 anni, troverà impiego nei Servizi generali della Pubblica amministrazione.
Nonostante questo dato, Unioncamere segnala la carenza di laureati in discipline Stem, insegnanti e personale medico.

Metà saranno profili altamente specializzati, soprattutto in ambito tecnologico

La metà delle professionalità che andranno a sostituire il personale della Pubblica amministrazione fino al 2028, sarà costituita da profili altamente specializzati, con competenze elevate in ambito digitale e tecnologico.

A questi vanno aggiunti i 234 mila profili che troveranno lavoro nel settore pubblico dell’Istruzione e 198 mila in quello della Sanità.

All’appello mancheranno profili Stem, insegnati, e professionisti del settore medico sanitario

Già oggi però si sa che all’appello mancheranno, sia nel settore pubblico come in quello privato, tra gli 8 mila e i 17 mila giovani in possesso di laurea in discipline Stem, Inoltre, tra i 9 mila e i 12 mila laureati con indirizzo insegnamento e formazione, e circa 7 mila con un profilo medico sanitario. 

“È un grande punto interrogativo per il rinnovamento della Pubblica amministrazione – ha sottolineato il segretario generale di Unioncamere, Giuseppe Tripoli, intervenendo all’incontro ‘Facciamo semplice l’Italia’, organizzato a Monza -. Per la transizione amministrativa e digitale, accanto alle tecnologie, servono persone e competenze”.

“È necessario innestare la marcia sulla formazione continua, soprattutto sul fronte digitale”

“L’Italia purtroppo avrà circa 8 milioni di persone in età da lavoro in meno entro il 2050 per effetto dell’andamento demografico e dell’invecchiamento della popolazione – ha aggiunto il presidente di Unioncamere -. Inoltre, nell’ultimo anno gli italiani che si sono trasferiti all’estero, ci rivela il Censis, sono stati oltre 82 mila. Trentaseimila di questi sono giovani tra i 18 e i 34 anni”. 

Per rinnovare la nostra Pubblica amministrazione e consentirle di svolgere il ruolo di volano della nostra economia e della nostra società, secondo Giuseppe Tripoli occorre “renderla più attrattiva per i giovani. È necessario anche innestare la marcia sulla formazione continua del personale, soprattutto sul fronte del digitale – ha sottolineato -. Un cammino che le Camere di commercio hanno intrapreso già da alcuni anni”. 

Perchè aumentano i furti di dati sul dark web?

Nel 2023, si è osservato un aumento delle credenziali di account compromessi, “rubati” insieme ad altri dati di grande valore per gli hacker. Si stima che i dati circolanti nel dark web o accessibili tramite piattaforme di messaggistica superino i 7,5 miliardi a livello globale, con un incremento del +44,8% rispetto al 2022.

Le segnalazioni di dati individuati sul dark web sono state 1.801.921, con un aumento del +15,9% rispetto all’anno precedente. In particolare, in Italia, il numero di utenti allertati per furto di dati monitorati sul dark web è aumentato del +13,9% rispetto all’anno precedente.

Le vulnerabilità delle aziende

L’Osservatorio Cyber di CRIF ha evidenziato queste e altre tendenze, analizzando la vulnerabilità degli utenti e delle aziende agli attacchi cyber e interpretando i principali trend riguardanti i dati scambiati sia nell’open web sia nel dark web. Beatrice Rubini, Executive Director di CRIF, sottolinea che i cybercriminali utilizzano malware e applicazioni sempre più sofisticati per rubare dati personali, mentre l’uso dell’Intelligenza Artificiale aumenta il rischio di truffe via email con linguaggio plausibile e sviluppo di app malevole.

L’indirizzo email è un dato prezioso

Nel corso del 2023 le frodi cyber si sono concentrate sul furto di indirizzi email, nel 94,4% dei casi combinato con l’accesso anche alla password. Questo fenomeno, in crescita esponenziale, rende le vittime suscettibili a messaggi di phishing più accurati e credibili, portando ad un aumento del +29% nella gravità degli alert inviati.

Le categorie di dati più colpite rimangono password, indirizzi email, username, nome e cognome, numero di telefono. La combinazione di questi dati aumenta la vulnerabilità delle vittime e il loro rischio di essere bersagliati da frodi sempre più targettizate. Le frodi coinvolgono anche l’uso di applicazioni di messaggistica open source come Telegram per lo scambio di dati rubati e la compravendita di strumenti per hacker.

Gli attacchi alle aziende

Le aziende sono sempre più bersaglio dei cyber criminali, con attacchi che coinvolgono una vasta gamma di settori, compresi finanziario, assicurativo, automobilistico, selezione del personale, moda e lusso, oltre ad associazioni e enti governativi.

In Italia crescono i reati informatici

In Italia sono in aumento i reati informatici. Per questa ragione occorre mantenere alta l’attenzione sull’attività fraudolenta degli hacker, e soprattutto allertare gli utenti sui possibili rischi legati al furto di dati. L”aspetto più importante è che le aziende e i inoli utenti siano costantemente informati sui più validi sistemi di protezione.

Italia al terzultimo posto in UE per costo dell’energia elettrica

L’aumento dell’inflazione è una preoccupazione che riguarda non solo la popolazione italiana, ma anche quella europea in generale. In questo contesto, in cui le persone devono fare i conti con spese sempre più alte, il tema del costo dell’energia elettrica è un ulteriore elemento di preoccupazione nella gestione delle finanze dei consumatori.

Uno studio condotto dalla banca N26 sull’Indice di vivibilità ha identificato i Paesi europei che offrono una migliore qualità della vita, considerando i costi associati, in particolare quelli legati agli affitti e all’energia elettrica, nonché la densità della popolazione e il livello generale di felicità dei residenti di ciascun Paese analizzato.

L’indice di vivibilità dei Paesi europei

Tra i vari fattori presi in considerazione per definire la classifica dei paesi più vivibili in Europa, i costi legati all’energia elettrica rivestono una particolare importanza, sia in valore assoluto che se analizzati in relazione agli stipendi medi. Secondo i dati dello studio di N26, l’Italia si posiziona al terzultimo posto della classifica per il costo medio annuo dell’energia elettrica, con un costo che raggiunge quasi i 700 euro.

Benché inferiore rispetto a Germania e Belgio, dove si si spende rispettivamente 757 euro e 761euro circa, questo importo risulta particolarmente elevato se rapportato all’ammontare medio degli stipendi, che arriva a 31.530 euro in Italia, contro i 45.457 euro in Germania e i 52.035 euro in Belgio.

Gli italiani spendono il 2% dello stipendio in bolletta elettrica

La percentuale dello stipendio che gli italiani destinano all’energia elettrica supera il 2%, posizionandosi solo al di sotto di quella della Grecia. Nonostante il costo dell’energia elettrica in Grecia sia notevolmente più basso, dato che si attesta intorno ai 414 euro annui, la popolazione guadagna significativamente meno rispetto agli altri Paesi europei analizzati, con stipendi medi che si aggirano sui 16.000 euro l’anno.

La vivibilità è connessa ai costi 

La metodologia utilizzata dall’Indice di vivibilità di N26 si concentra su 12 paesi europei selezionati in base alla loro attrattiva per la ricollocazione, alla dimensione della popolazione e alla stabilità economica. Le classifiche sono state determinate analizzando le spese medie per l’energia nel 2023, gli aumenti salariali medi dal 2022 al 2023, la densità di popolazione al 16 luglio 2023 e i livelli di felicità medi negli anni 2020-2022.

Classifiche più elevate riflettono spese energetiche inferiori, aumenti salariali superiori all’inflazione, densità di popolazione più bassa e livelli di felicità più elevati, con l’obiettivo di evidenziare i paesi più favorevoli per la ricollocazione o la residenza in base al punteggio complessivo.

Media digitali: consumi e comportamenti dei minori

Trascorrono online da una a tre ore al giorno, uno su cinque, oltre le quattro ore, utilizzando social network, messaggistica e piattaforme streaming. Quando sono in rete si esprimono attraverso quattro modalità: irrequieti, esploratori, performativi e ripiegati. Il 94% dei minori tra gli 8 e 16 anni utilizza lo smartphone: il 68% ne possiede uno personale, il 28% l’ha ricevuto prima dei 10 anni e il 25% dopo gli 11. Ma contestualmente cresce la consapevolezza di un uso eccessivo.

È questa la fotografia dei minori tra 8 e 16 anni intervistati da uno studio promosso dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy con la collaborazione dell’Alta Scuola in Media, comunicazione e spettacolo dell’Università Cattolica.

Ogni social ha il suo ruolo specifico

Sette ragazzi su dieci (50% tra 8 e 10 anni) usano regolarmente i social e le piattaforme streaming, e l’utenza aumenta nel passaggio a tweens e teens.
Instagram serve a curiosare e interagire, Tik Tok a lasciarsi andare al flusso, Facebook a leggere i commenti più che a guardare.

In generale le piattaforme streaming (YouTube, Amazon Prime Video e Netflix, ma anche Svod e Avod) vengono utilizzate in famiglia, o da soli, molto meno con gli amici, fuori casa e a scuola.
Tra le piattaforme di messaggistica, Whatsapp è risultato imprescindibile per comunicare, creare community, scambiare materiali. I fruitori regolari sono al 93% 14-15enni, all’89% 11-13enni e al 60% tra 8-10 anni.

Un controllo eccessivo inibisce lo sviluppo di competenze?

Gli intervistati hanno espresso piena fiducia a Whatsapp, Instagram e Pinterest (e a seguire Telegram, Twitch e Discord), alle piattaforme Netflix e Amazon Prime Video, e in seconda battuta a Rai Play e Disney+, non alla più popolare YouTube.

Per quanto riguarda le forme di limitazione e controllo nell’uso degli smartphone da parte dei genitori, circa 8 su 10 le utilizza sfruttando i limitatori, come parental control offerti da piattaforme e dispositivi.
Più di un terzo dei ragazzi e delle ragazze viene controllato: il 49% dei bambini 8-10enni e il 20% dei 14-15enni. Ma l’eccessivo controllo potrebbe inibire lo sviluppo di competenze e autonomia, rendendo più acritica la navigazione.

Quattro su 10 hanno avuto esperienze negative

Lo studio poi conferma i rischi della rete: 4 su 10 raccontano esperienze negative, e la maggioranza ha visto contenuti inadatti almeno una volta su un social. In particolare, i più piccoli sono incappati in eventi critici su YouTube.
Circa un quarto del campione (17% teens) afferma di non essere mai incorso in esperienze negative sui social, mentre il 42% (53% teens) ne riporta di gravi e ripetute.

I più esposti sono coloro che tendono a condividere contenuti e informazioni personali con sconosciuti, i soggetti più fragili o che esprimono minor benessere, gli utenti regolari dei social network, gli iperconnessi e i gamers intensivi. Ma si evidenzia anche una lieve prevalenza territoriale che penalizza i residenti nelle grandi città e nel Sud Italia, più inclini all’uso precoce di smartphone e social.

Space Economy: l’Osservazione della Terra in Italia vale 230 milioni di euro

Per le sue implicazioni sullo sviluppo tecnologico ed economico anche in settori tradizionalmente distanti, in Italia il settore spaziale è sempre più strategico. Alla filiera italiana dello spazio sono riconosciute alte competenze tecnologiche nei diversi ambiti, Osservazione della Terra, Comunicazione Satellitare, Navigazione Satellitare e Esplorazione Spaziale, e un’integrazione su tutta la value chain.

Secondo i dati dell’Osservatorio Space Economy della School of Management del Politecnico di Milano, nel 2023 il mercato italiano dei servizi di Osservazione della Terra ha proseguito la sua crescita, raggiungendo 230 milioni di euro, +15% rispetto al 2022.
Ma per la creazione di un mercato sostenibile e competitivo sul piano internazionale è necessaria la creazione di un vero ecosistema, che al momento, risulta ancora embrionale rispetto a Stati Uniti e Francia. 

I numeri del mercato italiano

“Il mercato dell’Osservazione della terra, componente rilevante spesso associata all’intera concezione della New Space Economy, registra un aumento rispetto agli anni precedenti che ne consolida ancor maggiormente l’importanza all’interno della Space Economy nazionale – spiegano Angelo Cavallo e Camilla Colombo, Responsabili Scientifici dell’Osservatorio Space Economy -. Il 71% del fatturato delle imprese del settore è generato da forniture al comparto pubblico, mentre il restante 29% grandi imprese, Pmi e startup. Un trend che in parte è dovuto alle innumerevoli risorse messe a disposizione tramite bandi pubblici, PNRR in primis. In termini di distribuzione geografica, il 35% del fatturato è dovuto al commercio interno, mentre il 65% è frutto di relazioni oltreconfine”. 

Le Pmi della filiera spaziale

Le Pmi che compongono la filiera spaziale sono l’83% del totale, ma faticano ad avere le Agenzie Spaziali come clienti, per difficoltà a partecipare a bandi e gare pubbliche.

In questo contesto, l’espansione della Space Economy verso settori non spazio è agli inizi. Oggi, solo il 10% delle aziende End-User (imprese potenzialmente clienti di applicazioni derivanti dall’utilizzo combinato di tecnologie spaziali e digitali) si sta interessando a iniziative legate alla Space Economy, il restante 90% non conosce il tema o non lo percepisce di valore.

I trend tecnologici

Da un punto di vista commerciale si conferma l’interesse per gli In-Orbit Services, dalla riparazione di satelliti al rifornimento in orbita, passando per la riallocazione orbitale e l’assemblaggio componenti 3D.
Sull’onda dell’Everything-as-a-Service che continua a caratterizzare i più diffusi business digitali, anche nello spazio si assiste alla diffusione di modelli di business servitizzati, nello specifico, Satellite as a Service (SaaS) e l’Insight as a Service (IaaS).

Il primo fa riferimento alla possibilità di trasmettere dati e usufruire di servizi satellitari, delegando le complesse operazioni satellitari e la raccolta di dati a fornitori terzi. Con il modello IaaS, invece, non solo avviene la trasmissione dei dati satellitari, ma vengono anche condivisi i cosiddetti ‘actionable insights’, cioè le informazioni operative che derivano da tali dati.

Lavoratori e Intelligenza Artificiale, un rapporto ancora senza regole

Sono moltissimi i dipendenti delle imprese che già oggi sfruttano strumenti di IA generativa sul luogo di lavoro. Niente di male, se non fosse che una gran parte di loro lo fanno senza adeguata formazione, supporto o policy aziendale. In Italia, il 17% dei lavoratori intervistati ammette di utilizzare tali strumenti, ma il 49% di questi lo fa senza aver ottenuto l’approvazione formale dal datore di lavoro.

Sono alcuni dei risultati dell’ultima indagine condotta da Salesforce, intitolata “Le promesse e le insidie dell’Intelligenza Artificiale sul lavoro”. L’analisi, che svela importanti dinamiche legate all’utilizzo dell’IA generativa da parte dei lavoratori, ha coinvolto oltre 14.000 dipendenti distribuiti in 14 paesi, con 1.002 partecipanti provenienti dall’Italia.

Il 54% dei lavoratori italiani “bara”

Gli intervistati, anche se già impiegano le nuove tecnologie IA, manifestano la volontà di avere indicazioni chiare in merito all’utilizzo etico e sicuro dell’IA. I lavoratori che utilizzano strumenti non autorizzati riconoscono la necessità di adottare programmi ufficiali approvati dalle rispettive aziende. Tuttavia, alcuni praticano comportamenti discutibili, come attribuirsi indebitamente il lavoro svolto dall’IA o mentire sulle proprie competenze. In Italia, il 54% ha presentato il lavoro di IA come proprio, mentre il 29% simulerebbe competenze più avanzate per ottenere nuove opportunità lavorative.

Non è solo “colpa” dei dipendenti

Nonostante le azioni non sempre corrette dei dipendenti, la ricerca mette in luce  che la responsabilità non è esclusivamente a loro carico. A livello globale, quasi sette lavoratori su dieci non hanno ancora ricevuto una formazione completa su come utilizzare in modo sicuro ed etico gli strumenti di IA generativa sul luogo di lavoro. In Italia, solo il 23% dei lavoratori ha ricevuto una formazione sull’utilizzo di tali strumenti.

Oltre alla mancanza di formazione, viene evidenziato un problema legato alla mancanza o all’ambiguità delle policy aziendali sull’IA generativa. A livello mondiale, l’87% dei lavoratori nel settore sanitario afferma che le politiche aziendali sono poco chiare o addirittura assenti. 
In Italia, il 42% dei lavoratori sostiene che la propria azienda non ha policy riguardanti l’utilizzo dell’IA, e solo il 15% opera in un contesto in cui esistono linee guida ben definite.

Nuove opportunità professionali

E’ un dato di fatto che la conoscenza di strumenti di IA possa avere un riverbero positivo sull’avanzamento di carriera. Il 37% dei lavoratori italiani ritiene che acquisire competenze nell’IA renderebbe il proprio profilo più appetibile. Il 46% è attratto da aziende all’avanguardia nell’utilizzo dell’IA.

Nel complesso, il 72% crede che l’IA generativa aumenti la produttività, e il 39% pensa che coloro che padroneggiano queste tecnologie possano ambire a stipendi più alti.

Priivacy, Meta permette di scollegare le informazioni tra Facebook e Instagram: cosa significa?

Dopo Google un altro big della tecnologia intende conformarsi al Dma della UE.
Il nuovo regolamento europeo sui mercati digitali entrerà in vigore a marzo 2024, e punta a combattere le pratiche di mercato sleali e le distorsioni della concorrenza da parte delle Big Tech. E di fatto, agli utenti di Instagram e Facebook europei verrà offerta la possibilità di scegliere se condividere o meno le proprie informazioni tra i due servizi.

A dare notizia è la società di Zuckerberg sul suo blog: per conformarsi all’imminente entrata in vigore del Digital Market Acts anche Meta apporta modifiche relative alla privacy dei dati degli utenti.

Gli utenti riceveranno una notifica di avviso

“Il Dma cerca di promuovere la contendibilità e l’equità nei mercati digitali, un’ambizione supportata da Meta. Ci impegniamo a continuare a lavorare per garantire che i prodotti Meta nella UE siano conformi al Dma e offrano valore alle persone – scrive Tim Lamb, direttore della concorrenza e della regolamentazione di Meta -: abbiamo riunito un ampio team interfunzionale composto da dipendenti senior provenienti da tutto il mondo e da tutta la nostra famiglia di app”.

Nelle prossime settimane, gli utenti riceveranno notifiche che li informeranno del cambiamento. I cambiamenti verranno applicati nell’Unione Europea, allo Spazio Economico Europeo e alla Svizzera.

Gestire gli account separatamente per ogni piattaforma o servizio

Gli utenti di queste aree potranno utilizzare vari servizi Meta senza che le loro informazioni siano interconnesse. Ad esempio, le persone possono utilizzare Facebook Messenger in modo indipendente senza richiedere un account Facebook.

Meta ha aggiunto che gli utenti di Instagram e Facebook che hanno collegato entrambi gli account possono scegliere di gestirli separatamente e non condividere più le informazioni tra i due account.
Gli utenti possono anche scegliere se condividere le informazioni tra i propri account Facebook e i servizi di Gaming e Marketplace della piattaforma, riporta Ansa.

Decidere quali informazioni condividere e dove

Ci sarà anche la possibilità di utilizzare Instagram e Facebook gratuitamente con annunci pubblicitari, o di iscriversi per non vedere più annunci pubblicitari.

“Se le persone si iscrivono per non vedere più gli annunci, le loro informazioni non verranno utilizzate per gli annunci. Questa scelta è stata lanciata nel novembre 2023 – aggiunge Lamb -. Al di là di queste nuove scelte, tutti coloro che utilizzano i servizi Facebook e Instagram continueranno a beneficiare dell’ampia gamma di strumenti esistenti che abbiamo creato per offrire alle persone la possibilità di scegliere quali informazioni condividere e come trattiamo i loro dati”.

Mutui: con le surroghe green la rata si abbatte del 25%

Finalmente un dato positivo per aspiranti mutuatari e per chi ha già un finanziamento in corso e vuole surrogarlo. Il 2023 si è chiuso con un calo dei tassi fissi: oggi, infatti, per un mutuo surroga gli indici partono dal 3,10%.
Ma le buone notizie non finiscono qui. Le sorprese arrivano anche per chi ha il mutuo legato a un immobile in classe energetica A o B e vuole cambiare banca.

Si tratta delle cosiddette surroghe green, finanziamenti destinati ai proprietari di abitazione in queste classi energetiche.
In questo caso, “Il calo degli indici ha determinato una diminuzione significativa dei tassi fissi offerti dalle banche – commenta Ivano Cresto, Managing Director prodotti di finanziamento di Facile.it – e la surroga può diventare un’opportunità estremamente vantaggiosa per chi ha un mutuo a tasso variabile, ma anche per chi ha un fisso sottoscritto a partire dalla seconda metà del 2022“.

Tassi fissi: a gennaio 2024 se sostenibili sono più convenienti

“Oggi, poi – aggiunge Cresto -, gli istituti di credito stanno dando molta attenzione anche ai finanziamenti destinati alle case nelle prime classi di efficienza energetica, con un importante impulso ai mutui green, che già lo scorso anno rappresentavano il 7,2% delle richieste totali sulla prima casa”.
Le condizioni sui tassi fissi rilevate a gennaio 2024 da Facile.it sono addirittura più convenienti se si guarda all’offerta green delle banche.
I prodotti di finanziamento destinati normalmente a immobili in classe energetica A o B in alcuni casi, vengono estesi anche a quelli in classe C.

Un risparmio notevole soprattutto per i mutui recenti a tasso variabile

Prendendo in considerazione un finanziamento standard a tasso fisso (126.000 euro da restituire in 25 anni a fronte di un LTV del 70%), i migliori tassi fissi per un mutuo green prima casa partono addirittura da 2,60%, con una rata mensile pari a 572 euro.

Con le surroghe green i tassi fissi agevolati scendono ulteriormente, fino ad arrivare al 2,45%. Dati alla mano, il potenziale risparmio è notevole, soprattutto per chi ha un mutuo a tasso variabile di recente sottoscrizione.

Da 750 euro la rata passa a circa 570 euro

Sempre ipotizzando un finanziamento standard, il mutuatario potrebbe abbattere la rata fino al 25%, portandola dagli attuali 750 euro a circa 570 euro, con un risparmio di quasi 180 euro.

Per il tasso variabile è stato considerato un finanziamento sottoscritto a gennaio 2022 con tasso TAN iniziale pari a 0,67% (Euribor3m+1,25%).
La stima sulla variazione delle rate non tiene però in considerazione l’ammortamento della quota capitale, elemento che potrebbe variare in base alle caratteristiche del mutuo.